Da "THE MAJOR WORKS OF JOHN COLTRANE" - John Coltrane -

La musica è arte dello spettacolo, legata al tempo, inseparabile dal presente. In questa musica d’improvvisazione, della quale John Coltrane fu un profondo conoscitore, il legame col presente è ancora più forte; tutto ciò che si sente viene creato al momento, scolpito dall’interazione di un gruppo di musicisti, ogni volta con piccole differenze, quindi unico; e ciò è ancor più vero per la formazione dell’anno scorso di John Coltrane, caratterizzata da un insieme compatto e da un’interazione decisamente emotiva. Questo concetto è stato al meglio espresso dal compagno di Coltrane, Eric Dolphy in una breve intervista fattagli nel 1964 in Olanda, poco tempo prima della sua scomparsa: "Quando ascolti la musica, alla fine, quando è terminata, non c’è più, se ne è andata con l’aria, e non puoi più catturarla". Certo, il jazz si è sviluppato in un epoca tecnologica, dove il tempo, lo spazio ed altri limiti fisici possono essere spesso elusi. Dolphy stava ingigantendo la realtà: molte cose sono evanescenti, ma tante altre possono essere conservate; un esempio calzante sono i cinque brani contenuti in questo CD.

Il 1965 fu un anno straordinariamente prolifico per Coltrane, con un enorme quantità di brani registrati in varie versioni. L’anno può essere caratterizzato da due dei tre suoi più importanti ed imponenti capolavori, A LOVE SUPREME (registrato nel Novembre del 1964) e MEDITATIONS (Novembre 1965). La terza registrazione qui raccolta, ASCENSION, del Giugno 1965, divide l’anno. Essa fu seguita a breve distanza da altri due gruppi di opere: OM (1° Ottobre 1965) e KULU SE MAMA con SELFLESSNESS, quest’ultima appartenente alla sessione di Kulu Se Mama, registrate in uno dei due CD.

La raccolta implica comunanza, e sono qui presenti molte analogie oltre all’ovvia partecipazione di Coltrane. Tutte tre le opere sono componenti significative della sua eredità, diverse dalle altre registrazioni di quell’estate così feconda anche per l’aggiunta e la collaborazione di diversi musicisti che si erano uniti al quartetto. Ciò dimostra che Coltrane fu il patrono di quell’onda emergente che diede la possibilità a nuovi artisti, come il sassofonista ed il trombettista di Ascension, i musicisti che collaborarono alla session di Om a Seattle, ed il cantante-percussionista il cui pezzo è la base di Kulu Se Mama, di registrare e di essere conosciuti. E tutti questi lavori, tranne A Love Supreme e Meditations, entrambe suite, sono brani singoli derivati dallo studio e dall’ampliamento di temi distinti.

Il progresso tecnologico può anche portare dei vantaggi, ed in questa raccolta i benefici sono ben visibili. Nel 1965 la tecnologia non permetteva la realizzazione di incisioni così lunghe come Ascension od Om; entrambe vennero divise per poterne permettere l’incisione su LP. Un’accurata operazione di "chirurgia" ha permesso di riunire i pezzi dei due brani artificialmente separati, permettendoci di poterne assaporare la versione integrale, così come venne registrata. Le due versioni di Ascension presenti in questa raccolta ne consentono il paragone. Durante il processo di remasterizzazione digitale si è cercato con successo di riprodurre le sonorità originali.

ASCENSION - Il valido autore di questo brano, A.B. Spellman, nelle note che accompagnano la versione originale dà all’ascoltatore casuale un avvertimento, che si può così riassumere: "Questa è roba forte". Più di un quarto di secolo dopo, il brano conserva ancora la sua peculiarità, richiede ancora una speciale attenzione ed un approccio particolare. Non si presta ad interpretazioni per raccolte di successi, od a verifiche della proprie capacità, la si deve ascoltare nell’interezza dei suoi 40 minuti, senza risparmiare il volume per poterne rispettare la ferocia e la passione.

Ci sono parecchie spire in questo vortice; a partire dal titolo. A differenza di altre registrazioni, Ascension venne pubblicata quando Coltrane era ancora vivo, con un titolo da lui scelto. Come per A Love Supreme prima, e Meditation dopo, il brano porta un titolo dal forte accento spirituale, nel quale echeggiano eventi culminanti della teologia cristiana e di altre confessioni. La parola "Ascension" si associa ad altre immagini che possono ricordare l’impatto fisico di undici musicisti in una stanza di mattoni priva di finestre a Englewood Cliffs, visione che lascia senza fiato; voci che si sollevano in un urlo armonico, immagini incorniciate dagli ottoni puntati verso l’alto, che pulsano al suono; immagini intessute da linee melodiche, fraseggi di jazz moderno che si lanciano nell’aria dando vita ad un insieme, diverso, più forte e potente di qualsiasi trama di cui è composto.

Tutto inizia nel 1965: scene di guerra da tutto il pianeta che iniziano ad dibattersi nei fotogrammi televisivi delle coscienze americane; scene di conflitti civili perché il tessuto sociale strappato è rigenerato da nuove idee e da nuovi imperativi; immagini di musica che scorre, spinta dalla bop revolution oltre i confini, oltre il limite tollerato dell’armonia, del tempo, e della tonalità.

Chiedetelo ai musicisti. Spellman lo fece, e le loro parole sono incise nelle note riportate nella versione originale. Archie Shepp commentando il disco disse: "Raggiunge un certo stadio di unità: parte da un alto grado d’intensità con le trombe che suonano ad alto volume, e gli altri strumenti che accompagnano. Ciò fa pensare alle voci di uomini e donne. I passaggi solistici di ottoni ed ance la fanno crescere d’intensità facendo breccia nell’insieme, per giungere poi nella parte finale dove subentra la sezione ritmica che la riporta al livello di partenza. Il concetto è simile al lavoro di un pittore che sovrapponendo vari strati di colore, e facendoli penetrare gli uni negli altri, genera tensione, controtensione e variegati campi di energia".

Marion Brown disse: "suonammo due pezzi, ed entrambi possedevano quel qualcosa che fa strillare la gente. La gente stessa che era in sala di registrazione, stava urlando e non so come i tecnici del suono siano riusciti a far si che quelle urla non comparissero nell’incisione. Era spontaneità quella. Coltrane aveva pensato ovviamente molto a ciò che intendeva uscisse da quella session, ma ne scrisse la maggior parte in studio. Poi disse a tutti cosa voleva: suonò questa linea e disse a tutti di ripeterla con il proprio strumento assieme. Aggiunse poi che voleva un crescendo finché tutti non fossero giunti allo stesso livello, e quindi iniziammo".

Ancora Shepp: "L’accento era posto sulla struttura piuttosto che sulla ricerca dell’unità. C’era unità, ma era un’unità strutturale e di suono, non un approccio del tipo A B A.. Soprattutto nei sassofoni si può sentire una ricerca del suono e l’esplorazione delle possibilità del suono stesso".

Il miglior modo per comprendere tutto ciò, è ascoltare; aprite le orecchie e fatevi permeare dall’energico incontro delle voci di questi grandi musicisti.

Qualche cenno discografico: vennero registrate due versioni integrali di Ascension. Sono comunemente identificate come "Edition I" (la prima versione pubblicata da Impulse A-95, verso la fine del ’65) ed "Edition II" (la versione poco dopo sostituita su richiesta di Coltrane). Nel LP originale la Edition II venne marchiata con la scritta "Edition II" incisa nel vinile vicino all’etichetta.

In un’intervista rilasciata nel Maggio 1968 al Coda Magazine, il produttore Bob Thiele spiegò come e perché entrambe le versioni erano state pubblicate: "Producemmo Ascension nel 1965. La durata era di circa quaranta minuti, e non c’era assolutamente la possibilità di unire i nastri che contenevano l’incisione. Ciò che si fece quel pomeriggio furono due pezzi da quaranta minuti, e nient’altro. Non c’era praticamente nessuna pausa o rallentamento. L’unica discussione sorse sull’ordine di esecuzione degli assoli, e quindi registrammo le due versioni".

"Dopo l’esecuzione della prima, la ascoltammo e John disse che secondo lui quella doveva essere la definitiva, ma poi aggiunse che voleva registrarne un’altra, e per quell’occasione utilizzai un nastro da 7 ½ pollici che poi gli diedi da portare a casa affinché lo ascoltasse. Discutemmo le due versioni per giungere entrambi alla conclusione che la prima doveva essere quella da stampare. Bene, dopo pochi mesi venne pubblicata. Quando uscì l’album, John mi telefonò e mi disse: ‘Questo non è il master’".

"Aveva iniziato ad ascoltare la seconda versione, e pensava che potesse essere migliore della prima; quando se ne convinse volle che venisse pubblicata".

"John volle che uscisse al più presto, ed anch’io fui d’accordo con lui, quindi, piuttosto che ritardarne l’uscita, incidemmo sul vinile della seconda versione ‘Edition Number II...’".

Nonostante l’affermazione di Thiele, noi non possiamo essere sicuri sul reale ordine delle versioni; nel 1978, Thiele disse al produttore Michael Cuscuna che dieci anni prima si era sbagliato, e che la prima versione era in realtà la seconda. La scatola del nastro venne custodita per molto tempo sino a quando sparì, e le differenze interne alle scatole non permettono di stabilire quale fu la prima o la seconda. Nella "Edition I" l’ordine di apparizione è il seguente: Coltrane, Johnson, Sanders, Hubbard, Shepp, Tchicai, Brown, Tyner, un duetto di contrabbassi (Davis e Garrison), ed un breve assolo di batteria. Nella "Edition II" l’ordine invece è: Coltrane, Johnson, Sanders, Hubbard, Brown, Shepp, Tchicai, Tyner, il duetto di contrabbassi (Davis e Garrison), senza l’assolo di batteria.

OM - John Coltrane nel 1965 era molto occupato, e per un jazzista di professione, il lavoro implica il viaggiare. La session di Ascension venne fatta quando il gruppo era sulla West Coast ad esibirsi al Pep’s a Filadelfia ed al Village Gate a New York. Il gruppo era costantemente anche in studio, e noi dobbiamo la nostra esperienza musicale a quelle visite quasi bisettimanali fatte nello studio di Rudy Van Gelder a Englewood Cliffs, nel New Jersey. Poi il quartetto andò in Europa tra la fine di Luglio e gli inizi di Agosto; il 15 di Agosto suonarono con Archie Shepp al Down Beat Jazz Festival di Chicago terminando un lungo e monotematico brano con un duetto Shepp-Coltrane che divise la folla in due (una che rimase acclamandoli, e l’altra che si alzò disapprovando). Dopo essere ritornati sulla East Coast, Coltrane rimase a lavorare ad ovest, suonando prima a San Francisco, e verso la fine di Settembre, a Seattle. Dalla fine del mese, Coltrane stava aggiungendo nuovi musicisti al quartetto originario. Al Penthouse di Seattle (dove il 30 Settembre registrarono una session), la formazione era ormai un sestetto, con Coltrane, Tyner, Garrison, Jones che proveniva dal gruppo di Raphael Donald Garrett, al clarinetto basso e contrabbasso, e Pharoah Sanders al sax tenore. Il giorno dopo in uno studio della periferia di Lynwood, Washington, Coltrane registrò OM con la partecipazione di Joe Brazil.

OM è un vocabolo indù e corrisponde al nome mistico di Dio, oltre che indicare l’essenza della spiritualità. Nelle note di Nat Hentoff che accompagnavano l’LP, Coltrane diede una spiegazione più approfondita: "Om indica la vibrazione originaria che sonda l’animo, che rallegra, e che porta tutte le cose ad avere un’anima, una vita. E’ la parola che dà origine a tutte le persone ed a tutte le cose, compresi tutti i suoni vocali che un uomo può produrre; è la prima sillaba, la parola essenziale, il verbo della forza". Hentoff ribadì il concetto riportando la frase dei monaci Buddisti "Om mani padme hum" che si può tradurre come: "Om, il gioiello, risiede nel fiore di loto, amen".

Il brano inizia con la parola stessa "Om" simbolizzata da un breve incanto recitato da Coltrane e da altri musicisti del gruppo. Come sottofondo alle parole c’è un brusio di ritmiche e sonorità eseguite da Brazil con il flauto. Ciò che segue è un’indagine più approfondita della struttura e delle sonorità di Ascension, partendo con un diluvio sassofonico, seguito dalla linea saltellante del pianoforte di Tyner e dalla combinazione orientaleggiante di flauto e clarinetto basso che simulano un rovescio tropicale nella foresta. Alla fine l’incanto viene ripetuto sullo stesso sottofondo. Garrett suona il contrabbasso per quasi tutto il pezzo, e quando Hentoff chiese a Coltrane perché avesse scelto due contrabbassi, egli rispose: "Perché voglio che venga resa meglio la sensazione della dilatazione del tempo; voglio che sia plastico". Questa plasticità risalta nella crescente tensione creata dalla giustapposizione della ritmica propulsiva di Jones con la libera interazione tra i due bassisti.

KULU SE MAMA - Coltrane e la band, si spostarono da Seattle a Los Angeles il 14 Ottobre per uno spettacolo all’It Club. Nella metropoli californiana, Coltrane aumentò l’organico della formazione per registrare due brani presenti in questa raccolta: Kulu Se Mama, e Selflessness.

Kulu Se Mama è l’unico pezzo qui raccolto non composto da Coltrane; venne infatti scritto da Juno Lewis, un batterista e cantante. Allora Lewis aveva circa trent’anni; nato a New Orleans, viveva a Los Angeles quando Coltrane portò il suo gruppo all’It Club, dove, stando a ciò che Nat Hentoff riporta nelle note originali dell’LP, si incontrarono grazie a delle amicizie comuni, e fu ciò che probabilmente lo portò a registrare con Coltrane. Sempre nelle note originali viene riportata una trascrizione della poesia "Kulu Se Mama" (Juno Se Mama), scritta da Lewis che la spiegò come un’ovazione alla madre, cantata in dialetto Afro-creolo, e che egli identificò come Entobes.

Lewis introduce un elemento africano nella sua esecuzione, aggiungendo alla batteria lo Joululu, un tamburo idraulico, le Doom Dahka, campane e conchiglie. La formazione comprende anche il batterista di L.A., Frank Butler ed i membri del sestetto. Non si sa cosa fece Lewis dopo quest’incontro, certo è che se ebbe successo col suo Centro di Arte Afro-americana, nessuno se lo ricorda. Ma la cantilena, la vibrazione e le emozioni rituali proprie di questo pezzo gli danno un sapore insolito.

SELFLESSNESS scritta da Coltrane, si basa su un tema regolare e su una libera esposizione del quartetto. L’aggiunta di percussionisti dà spessore alla spinta ritmica; su questa base Coltrane e Sanders creano un vortice di linee e sonorità caratteristiche del primo periodo della formazione. (Il brano occupava uno dei due lati dell’LP inciso a Newport nel 1963, e ne erano state registrate due versioni; una in quartetto, e l’altra in duo durante le registrazioni del Giugno 1965. Questa fu la loro prima apparizione assieme).

Il jazz era, è, e sempre sarà il prodotto dell’interazione fra musicisti, un qualcosa che non potrà mai essere ripetuto con esattezza. In questi brani, e specialmente in Ascension ed Om c’è qualcosa di più, una corrente nascosta, una fisicità, un grado di reciprocità che non possono essere catturati da un lungo nastro magnetico che passa attraverso degli elettromagneti. In tal senso Dolphy aveva ragione; nelle registrazioni c’è solo un accenno di ciò che accade in queste session. Ciò che si ottiene è solo una riproduzione incompleta, un’istantanea, una visione in bianco e nero che cerca di riprodurre una realtà fatta di vivi ed emozionanti colori.

Ma ciò che è stato fermato è già abbastanza: i suoni catturati dal registratore e fedelmente riprodotti. Come per le parole scritte su un foglio di carta, i suoni sono sufficienti ad accendere l’immaginazione, ad evocare emozioni, le sensazioni ed il feeling degli spettacoli dal vivo. Attraverso l’ascoltatore, l’essenza dell’improvvisazione di questa musica può varcare i confini degli studi di registrazione, dove questi suoni sono nati, e dopo un quarto di secolo possono giungere a noi suscitando le emozioni che vissero coloro che presenziavano alle session. L’unico requisito è l’ascolto, prestando attenzione e partecipando, al fine di rivivere ciò che non può essere fermato su un nastro. Sforzandoci nel far ciò, possiamo superare le imperfezioni della registrazione, e comprendere lo spirito che mosse questi musicisti, per sentire la danza rituale di Kulu Se Mama, per far proprio l’interminabile momento di Om, la parola essenziale, e per ascoltare il crescente coro di voci di Ascension.

 

¾ David Wild

 

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